Il termine rilassamento è un termine molto familiare, tanto che il senso comune è sufficiente per intuirne immediatamente il significato. Tuttavia risalire ad una precisa definizione operativa di che cosa sia non è altrettanto semplice.Indice [nascondi] Definizioni
Una prima definizione potrebbe essere di tipo negativo: il rilassamento non è uno stato di tensione. D’altra parte anche la tensione può essere definita come assenza di rilassamento. L’evidente rischio di una definizione negativa è un’infruttuosa circolarità esplicativa.
Allo stesso modo, ma più precisamente si potrebbe sostenere che la risposta di rilassamento del corpo è l’opposto della risposta di reazione. La risposta di reazione mobilita i meccanismi di difesa dell’organismo per affrontare le minacce esterne ed è essenziale come sistema di autodifesa in situazioni di pericolo. La conseguenza di questa risposta sono lo stress e l’ansia che però, in dose eccessiva o in situazioni improprie cioè in presenza di attivazioni croniche, possono portare a conseguenze negative per la salute. Da qui la risposta di rilassamento contribuirebbe a preservare invece lo stato di salute dell’organismo dalle reazioni alle variazioni dell’ambiente circostante. In tal senso sarebbe quindi un riflesso naturale ed innato, esattamente come la risposta di reazione. Pur accettando una definizione negativa, si rende in ogni caso necessario guardarsi dal concludere che l’assenza di tensione o l’assenza di reazione implichino assenza di movimento. Il rilassamento può al contrario essere considerato come un’abilità motoria. Per le teorie dell’apprendimento motorio, infatti, il rilassamento consisterebbe nell’abilità di controllare l’attività muscolare, in modo che i muscoli non specificamente coinvolti in un determinato compito rimangano quieti, mentre quelli direttamente coinvolti lavorino con lo sforzo minimo necessario per raggiungere l’obiettivo desiderato. In quest’ottica il rilassamento predisporrebbe ad una prestazione ottimale, dove per ottimale si intende una prestazione le cui caratteristiche sono un’alta resistenza all’affaticamento ed un economico consumo di energia.
Sul vocabolario della lingua italiana alla voce rilassamento vengono indicati due differenti significati: da un lato “allentamento e decontrazione” che si riferiscono alla sola componente muscolare dello stato, e dall’altro “distensione psichica, serenità e svago” che si riferiscono invece alla componente psicologica. Sembra essere implicita in queste definizioni la staticità intrinseca dello stato, derivante da una concezione di senso comune del suo significato. Peraltro sempre le teorie dell’apprendimento motorio sottolineano come il movimento, ad esempio in una performance di abilità (si pensi alla prestazione ideale di un atleta), sia caratterizzato da coordinazione, grazia, leggerezza ed armonia nonché precisione e virtuosismo, tutte caratteristiche che vengono esaltate da uno stato di rilassamento di sottofondo dell’atleta e non già di tensione. Il rilassamento diviene quindi assenza di ansietà, di inibizione e di movimenti estranei, assumendo connotati ben più complessi di quanto si potesse immaginare.
Ciò che emerge da queste ultime considerazioni è un’idea di rilassamento come un’abilità, come qualche cosa di attivamente perseguito e perseguibile. L’idea comune secondo cui questo stato sia passivo e raggiungibile senza alcun impegno particolare da parte dell’individuo non è pertanto sostenibile.
In sintesi si può quindi sostenere che il rilassamento si riferisce ad un particolare stato psicofisiologico, caratterizzato da modificazioni specifiche dell’attività dell’organismo da un lato (la principale è la riduzione della tensione muscolare) e da sensazioni psichiche percepite introspettivamente come benessere, serenità e tranquillità dall’altro. Un tale stato può sia predisporre ad un’azione efficace ed efficiente sia migliorare lo stato psicofisico dell’individuo.
Misurazione del rilassamento
E’ possibile distinguere fra misure di carattere oggettivo e misure di carattere soggettivo. Non si tratta di una distinzione che discrimina in termini di validità, anche se le misure oggettive mostrano inevitabilmente maggiore validità statistica, quanto piuttosto di una distinzione rilevante per il suo ambito di applicazione, di ricerca vs clinico.
Misure oggettive
Le misure principali indicative del raggiungimento di uno stato di rilassamento sono quelle fisiologiche. In primis la risposta galvanica cutanea (o Galvanic Skin Reaction, GSR), ma anche l’elettroencefalografia (EEG) e l’elettromiografia (EMG).
Il GSR si riferisce alle modificazioni delle proprietà elettriche della pelle (in particolare resistenza cutanea e conduttanza cutanea) a livello di alcune zone specifiche del corpo, come ad esempio le dita delle mani. Le ricerche psicofisiologiche sulle variazioni GSR hanno evidenziato significative modificazioni durante compiti sia motori che intellettivi. Durante lo stato di rilassamento viene classicamente riportato un aumento della resistenza cutanea. Questo andamento rimane del tutto distinto dal pattern riscontrabile in un soggetto in stato di ipnosi, il che dimostra tra l’altro che ipnosi non è sinonimo di rilassamento.
L’EEG permette di avere un’idea dell’attività generalizzata della corteccia cerebrale, attraverso una dozzina di elettrodi posizionati sulla testa in punti standard. Un sistema di amplificazione e di registrazione produce simultaneamente una serie di tracce, corrispondenti alle variazioni di voltaggio fra le coppie di elettrodi. L’EEG permette di discriminare tra ritmi a, ß, d e ?. Particolarmente rilevanti sono il ritmo ß (frequenze maggiori di 14 Hz), correlato con lo stato di normale attivazione della corteccia durante la veglia e durante il sonno REM e il ritmo a (frequenze comprese tra 8 e 13 Hz), associato allo stato di veglia rilassata. I ritmi ? (4-7 Hz) e d (meno di 4 Hz) sono piuttosto lenti e corrispondono a specifiche fasi del sonno. Durante il rilassamento e prima di scivolare nella fase di sonno, i ritmi cerebrali passano da una situazione ß ad una situazione a.
L’EMG di superficie misura l’attività elettrica muscolare, cioè il potenziale di campo elettrico risultante dalla sovrapposizione dei potenziali d’azione delle singole fibre muscolari, attive entro un raggio massimo di 15 mm di distanza dagli elettrodi. Durante lo stato di rilassamento si registra normalmente una diminuzione dell’attività muscolare e dei tracciati elettromiografici dei muscoli corrispondenti.
Altre risposte fisiologiche possono essere utilizzate e sono indici altrettanto validi dello stato di rilassamento e sono il consumo di ossigeno, la frequenza respiratoria, la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e la temperatura corporea. La maggior parte di questi parametri si riduce sensibilmente durante lo stato di rilassamento.
Misure soggettive
Altrettanto importanti e indicative sono le misure soggettive, come la raccolta di dati introspettivi circa le sensazioni avvertite dalle persone durante il rilassamento. Tipicamente vengono riportate sensazioni di pace, calma, tranquillità, leggerezza o al contrario pesantezza. Anche se alcuni studiosi, ad esempio lo psicofisiologo Edmund Jacobson, sottolineano come spesso una sensazione introspettiva di rilassamento non corrisponda ad un effettivo stato di rilassamento muscolare. In ambito terapeutico può essere utile aiutare una persona ad interiorizzare il criterio di misura della propria tensione prima del rilassamento. Si può ad esempio collocare convenzionalmente la sensazione soggettiva di tensione lungo una scala che va da zero a cento, dove cento rappresenta la sensazione massima di tensione e zero quella nulla o la minima possibile. Si può aiutare il paziente a rendere reale dentro di sé la possibilità di misurare la propria tensione, chiedendogli di pensare ad un evento della propria vita in cui abbia provato una forte tensione nel corpo, nei muscoli oppure un’emozione avvertita sul piano fisico, ad esempio un aumento del battito cardiaco o una forte sudorazione conseguite ad una forte rabbia o ad uno spavento. Tale evento verrà collocato all’estremità massima del continuum della scala e servirà come riferimento per posizionare e classificare le successive sensazioni di progressiva riduzione della tensione.
Metodi e tecniche di rilassamento
I metodi e le tecniche di induzione di rilassamento sono piuttosto difficili da classificare, poiché spesso impiegano una combinazione di strategie e metodologie differenti. Una prima classificazione delle tecniche distingue tra quelle fisiche e quelle non fisiche o mentali. Facendo invece riferimento alla dettagliata analisi proposta da Michael J. Alter, MS in educazione alla salute alla Florida International University, è possibile distinguere cinque differenti categorie di metodi per la facilitazione del rilassamento:
1. Approccio somatico o fisico.
2. Modalità fisiologiche terapeutiche.
3. Approccio cognitivo.
4. Biofeedback.
5. Utilizzo di sostanze farmacologiche.
Allo stato attuale delle conoscenze scientifiche non è possibile definire quale delle tecniche sopra riportate sia la più sicura, la più efficace e la più efficiente. La scelta dipende da numerosi fattori che devono essere valutati coscienziosamente, fra cui lo stato psicofisico del soggetto, l’obiettivo da raggiungere, la sicurezza della tecnica, la possibilità di effettuarla da soli o al contrario la necessità di assistenza, l’uso di particolari apparecchiature, il tempo disponibile e i costi.
Approccio somatico
Appartengono a questa categoria tecniche specifiche di stretching, di respirazione e di movimento, il massaggio, l’acupressione, la manipolazione e l’aggiustamento chiropratico.
Modalità fisiologiche terapeutiche
Queste tecniche sfruttano le proprietà di supporti esterni quali il freddo, il calore, i raggi laser, la trazione o gli aghi.
Approccio cognitivo
Appartengono a questo tipo di approccio le tecniche mentali, che non si avvalgono di supporti fisici esterni come nel caso delle tecniche somatiche e fisiologiche. In alcuni casi però alcune di queste tecniche sono il risultato di una combinazione con gli approcci somatici. È bene precisare che all’approccio cognitivo appartengono tecniche che spesso differiscono fra loro nella metodica, ma non nella teoria o nei principi sottostanti. Fra le varie tecniche ricordiamo il Rilassamento Muscolare progressivo di Jacobson, la Relaxation Response di Benson, il Metodo dei Riflessi Opposti di Meadel, il Rilassamento D.A.C. di Dumont-Abrezol, il Rilassamento Dinamico secondo Caycedo, il Rilassamento Frazionato di Vogt, il Training autogeno, la Tecnica naturale antistress. A questo tipo di tecniche si possono associare anche la meditazione trascendentale ed altre versioni di meditazione con fini non espressamente religiosi o filosofici.
Biofeedback
Si tratta di tecniche che si avvalgono di speciali apparecchiature che restituiscono un feedback istantaneo di eventi fisiologici interni ad un soggetto, ad esempio la frequenza cardiaca (HR) o la variabilità della frequenza cardiaca (HRV), ma anche la risposta galvanica cutanea (GSR) o l’EEG, attraverso dispositivi visivi o acustici. Attraverso questi dispositivi le persone possono rendersi conto e manipolare direttamente le proprie funzioni vitali, semplicemente concentrandosi sui segnali elettronici che indicano il loro livello di attivazione. L’idea di fondo è quindi che attraverso il biofeedback sia possibile riconoscere una funzione biologica e, grazie a questo riconoscimento, sia in seguito possibile anche controllarla.
Utilizzo di sostanze farmacologiche
Esistono numerosi medicinali che riducono la tensione e facilitano il rilassamento, in alcuni casi non senza potenziali rischi. Fra queste ricordiamo i farmaci miorilassanti, che vengono utilizzati per ridurre gli spasmi muscolari cronici o la spasticità da sclerosi multipla o da altri danni neurologici. Agiscono principalmente sul sistema nervoso centrale, differendo pertanto nel meccanismo d’azione dai miorilassanti utilizzati in anestesia che bloccano la trasmissione a livello della placca neuromuscolare. Le benzodiazepine (diazepan in particolare) e la tizanidina (che è un alfa 2 agonista introdotto da poco) sono i due farmaci più utilizzati per indurre un effetto miorilassante in pazienti con spasmi muscolari di varia origine, ma non affetti da danni del Sistema Nervoso Centrale. L’effetto collaterale comune è la sonnolenza.
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